L’amicizia che va oltre gli interessi: la modernità di Cicerone
Dopo ben 16 anni torna al Liceo classico una traccia su Cicerone. La scelta è ricaduta su un dialogo filosofico riguardo il tema dell’amicizia, che nel mondo romano non era ciò che si è soliti pensare oggi…

Il ritorno di Cicerone
Era il 2009 quando per l’ultima volta gli studenti del Liceo classico si erano misurati con un brano di Cicerone alla Maturità . Quest’anno, la scelta del Ministero di riportare in auge il grande oratore romano agli esami di stato è testimoniata anche dalla paradossale presenza dell’autore in un quesito sulla probabilità nella seconda prova scritta al Liceo scientifico.
Opere e temi trattati
La traccia del Liceo classico è tratta dal filosofico “Laelius sive de amicitia” e tratta il tema di rapporto con il prossimo che possa superare il vincolo della convenienza o dello status sociale. Il quesito dello scientifico riprende, invece, il teologico ‘De divinatione’ e, partendo da una citazione, chiede il calcolo della probabilità sulle 4 facce del dado descritto da Cicerone.

Il Laelius
Il ‘Laelius sive de senectute’ è un’opera filosofica composta da Marco Tullio Cicerone nel 44 a.C. a seguito della morte di Cesare. Il dialogo, dedicato a Tito Pomponio Attico, è ambientato nel 129 a.C. pochi giorni dopo la morte di Scipione Emiliano e fa rievocare la figura di Gaio Lelio, storico uomo politico fortemente legato al defunto.
Nel dialogo si parla del tema dell’amicizia partendo, dunque, dal legame politico tra i due nobili e allargando, per la prima volta, il tema anche a persone considerate degne per i loro valori di virtù e onestà , principi fondamentali per la moderna idea di amicizia ciceroniana.

L’amicitia di Cicerone
Basta sfogliare un qualunque dizionario di latino per rendersi conto di come il significato originale di amicitia non fosse quello che oggi stiamo solito dargli bensì quello di alleanza. Il termine richiama originariamente, infatti, a dei rapporti instaurati tra persone facenti parte della nobilitas romana al fine di ottenere dei vantaggi reciproci.
All’interno del dialogo filosofico tratto in questione, Cicerone per la prima volta cerca di porre attenzione su una visione nuova della amicizia, molto più vicina alla concezione moderna. È sufficiente leggere soltanto le prime parole di questo testo per rendersi conto del fortissimo legame che intercorre tra amicizia e amore, due principi che si basano sul legame benevolo con il prossimo.
Il brano parte proprio da quella che è la concezione classica del termine, ricordando come sia possibile sì trarre vantaggi dal rapporto reciproco, ma come questo non sia il fine ultimo dell’amicizia. Essa, infatti, “nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium”. Una frase molto semplice ma che racchiude perfettamente quella che è la visione di Cicerone: l’amicizia non è nulla di finto, nulla di simulato, qualunque cosa è, questa è genuina e spontanea.
Centrale anche la contrapposizione tra “natura” e ‘indigentia’ (predisposizione naturale o ricerca del bisogno) e tra “adplicatio animi” e “cogitatio res utilitatis” (inclinazione naturale e calcolo dei vantaggi). La scelta di Cicerone tra le due opposizioni citate è molto chiara perché secondo lui il rapporto di amore verso il prossimo è qualcosa di naturale già negli animali ed è ancor più chiaro nell’uomo, già a partire dal suo rapporto con la famiglia.
Ciò che provoca l’attrazione verso il prossimo è il “perspicere in eo quasi lumen probitatis et virtutis” ovvero il vedere nel prossimo quasi un bagliore di onestà e virtù.
Perché, come ribadisce Cicerone a fine testo:
“Nulla è più degno dell’ammirazione della virtù, nulla invita maggiormente ad amare perché di certo con la virtù e l’onestà proviamo affetto anche verso coloro che non abbiamo mai visto.”