Il fascino del tragico non tramonta mai
In un mondo sempre in costante sviluppo e proiettato verso il futuro, Siracusa regala ogni anno qualche settimana per immergersi nell’arte greca classica ripercorrendo, attraverso il suo teatro, opere che hanno reso grande questa civiltà.

Come ormai tradizione, l’associazione INDA si è occupata della organizzazione delle rappresentazioni al teatro greco di Siracusa di quest’anno. Le opere scelte sono tragedie Elettra ed Edipo a Colono di Sofocle, la commedia Lisistrata di Aristofane e alcuni passi dell’Iliade di Omero. Volendo attenzionare maggiormente le opere messe in scena in questi giorni, non si può non partire dalle tragedie.
Piccolo excursus
Parlare dell’origine della tragedia è davvero complesso poiché ancora oggi si dibatte sull’effettivo significato del greco τραγῳδία letteralmente “canto del capro”. Il riferimento a un rito in onore di Dioniso, divinità legata anche alla commedia, è chiaro ma non si comprende il ruolo dell’animale. Tra le tante ipotesi alcuni sostengono che l’animale venisse sacrificato, altri che i coreuti si esibissero mascherati da capri, o ancora potrebbe trattarsi di un semplice simbolo o premio originale alla gara. Il teatro per i greci era un momento in cui consolidare il forte rapporto sociale tra i cittadini e riunire quelli che erano i tre momenti fondamentali per la loro società: rituale, assembleare ed agonistico. Le rappresentazioni, infatti, si svolgevano durante le festività dionisiache, in un clima di forte partecipazione collettiva, e tutto questo veniva fatto non solo per il semplice gusto di ricordare la propria tradizione ma anche e soprattutto per assistere a un vero e proprio agone. Durante le feste, infatti, si sfidavano tre autori selezionati da un magistrato, l’arconte eponimo, con lo scopo di rappresentare tre tragedie e un dramma satiresco dalla mattina fino al tramonto. È proprio questo quell’elemento che ancora oggi il teatro greco di Siracusa cerca di suscitare, riunendo di anno in anno ragazzi provenienti dal liceo classico in rappresentazioni pomeridiane dove sia possibile godere dello spettacolo con il tramontar del sole.
Sofocle e l’attenzione al singolo
Le due tragedie scelte quest’anno sono entrambe di Sofocle, autore del V secolo a.C. che la tradizione è solita inserire come intermezzo fondamentale tra gli altri due grandi autori Eschilo ed Euripide. Sofocle fu colui che porto una prima rivoluzione alla tragedia o meglio una innovazione, aumentando il numero di attori da 2 a 3 e il numero del coro da 12 a 15 membri, lavorando maggiormente anche sulla scenografia. Rispetto al predecessore Eschilo, egli dà maggior valore all’elemento umano. I suoi sono veri personaggi tragici costretti all’errore in un mondo difficile in cui non sempre libertà e necessità sono conciliabili. Il suo obiettivo non è soltanto quello di riprendere vicende della tradizione greca, ma farlo mettendo in evidenza il singolo personaggio, le sue sensazioni, la sua evoluzione e soprattutto la sua dignità umana. Questi sono tutti i caratteri che i personaggi di Elettra ed Edipo rispecchiano appieno In drammi tanto diversi quanto altrettanto sofferti ed emozionanti.
Elettra
Il dramma di Elettra e della casata dei Pelopidi è sicuramente uno dei più noti della tradizione greca. Il pregresso della vicenda narrata riguarda l’uccisione del comandante greco Agamennone per mano della moglie Clitennestra e dell’amante Egisto e il destino terribile che sembra attendere i figli Oreste ed Elettra. La scelta di voler mettere dinanzi a tutto Elettra e non quell’Oreste che nel dramma si rivelerà decisivo, come testimoniato dal fatto che Eschilo ebbe grande successo con una trilogia definita proprio Orestea, accentua ancor l’interesse per il singolo di Sofocle. Il dramma mette in scena pochi personaggi distinguibili in tre diadi: Oreste e l’amico Pilade, Egisto e Clitennestra ed infine Elettra e la sorella Crisotemi. Le ultime due citate sono i due personaggi che maggiormente rimangono in scena, due figlie che hanno perso entrambe il padre ma che hanno reagito in maniera opposta, l’una covando vendetta e piangendo la perdita, l’altra consapevole di non potersi opporre alla madre. Il rapporto tra le due ragazze è una delle costanti della tragedia messa in scena in questi giorni e ogni arrivo di Crisotemi dalla semplice scenografia sullo sfondo porta a un dibattito con la sorella.
Il grande contrasto è però sicuramente quello tra Elettra e Clitennestra che riescono a rendere, in quello che dovrebbe essere un semplice scambio di battute, l’intero dramma che contraddistingue il loro rapporto. Se Elettra, come da titolo, è sempre presente sulla scena e piange, grida e soffre sperando di vendicare il padre, Clitennestra appare poche volte ma sempre consapevole di se stessa, mai pentita della sua azione e anzi quasi infastidita per la poca fedeltà della figlia. Nel contrasto le due donne mostrano al pubblico le loro due visioni, aumentando il dubbio su chi abbia effettivamente ragione: Elettra rimprovera alla madre l’uccisione del marito senza un’apparente motivo e la decisione di far estinguere una dinastia così fiorente solo perché persuasa da un’amante; Clitennestra ricorda invece alla figlia come Agamennone in guerra decise di sacrificare una sua figlia per avere il favore degli dei, dimostrandosi più vicino al fratello Menelao rispetto che a lei.
La prova della Clitennestra di Anna Buonaiuto è di grandissimo livello perché riesce, da personaggio negativo e continuamente biasimato durante tutta lo spettacolo, a far valere le sue ragioni fino in fondo.

Come accennato prima, è però l’Elettra di Sonia Bergamasco l’assoluta protagonista di questo dramma, in una rappresentazione di un personaggio sofocleo veramente complesso. Elettra non va mai via dal palco, è protagonista ma allo stesso tempo ostacolo continuo per tutti gli altri attori e rende la sua sofferenza e successiva gioia per la vendetta sugli omicidi il vero motore dell’intera narrazione.
Anche quando arriva l’attore interprete di Oreste per adempiere al suo ruolo di vendicatore, Elettra lo ferma e continua a parlare, rischiando di rovinare l’intero piano. La grandezza della sua prova è derivante dalla volontà di rimanere il più fedele possibile al classico originale, sfruttando alcuni espedienti più moderni come il suonare il piano, ma lasciando sempre che la voce sia la vera protagonista.

Edipo a Colono
L’Edipo a Colono rappresenta invece la conclusione del ciclo tebano di cui è protagonista proprio l’anziano sovrano, caduto in disgrazia a causa del destino avverso. La storia di Edipo è molto particolare poiché costui, principe di Tebe, era stato mandato via dalla famiglia a causa di una profezia che annunciava come in futuro il bambino avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. La scelta da parte dei sovrani di Tebe si rivelerà però soltanto una condanna ancor più grande per il figlio e per loro stessi poiché il ragazzo, cresciuto lontano da casa, sarà comunque vittima di quel destino, uccidendo il padre e sposando quella che solo dopo scoprirà essere la madre naturale. Il suo dramma sembrava concludersi già con l’Edipo Re, tragedia messa in scena nel 2022, la cui drammatica conclusione vedeva il protagonista finalmente consapevole dei tanti delitti di cui si era macchiato e desideroso di estinguerli andando esule della città. Il suo addio da Tebe era poi accentuato dalla decisione di rendersi cieco poiché questa era stata la sua vera condizione nella vita, anche quando apparentemente sembrava avere la vista.

L’Edipo a Colono è invece successiva alle vicende appena esposte e rappresenta la reale fine del personaggio proprio in quella che fu la patria di Sofocle. Come il Destino aveva voluto che Edipo si macchiasse di tutte quelle colpe adesso quello stesso Destino intende renderlo protettore della città di Atene. Edipo infatti, all’inizio della tragedia, giunge presso la corte di Teseo insieme alla figlia Antigone per cercare un’ultima dimora. L’intera tragedia però non fa altro che riportare in vita il suo terribile passato, con l’arrivo della figlia Ismene che annuncia dello scontro tra i fratelli Eteocle e Polinice. Un vaticinio ha rivelato loro che per diventare sovrani di Tebe è necessario avere al proprio fianco il padre ma non è questo il destino che vogliono gli dei e non è neanche ciò che vuole Edipo che, grazie anche all’aiuto di Teseo, scaccia via i figli. La conclusione sarà quindi l’addio definitivo di Edipo nel bosco delle Eumenidi.

Mettere in scena questa tragedia pochi anni dall’Edipo Re non è una casualità, così come non lo è quella di far coincidere i due principali artefici dell’opera, ovvero Robert Carsen e Giuseppe Sartori, il regista e l’attore principale dello spettacolo del 2022. Questi avevano portato in scena l’apice della vita di Edipo e adesso hanno avuto l’opportunità di concluderla proprio sullo sfondo della città dal grande Sofocle. La tragedia fa di tutto per rimanere fedele alla tradizione utilizzando come sfondo proprio quello che sarà poi il boschetto in cui si recherà alla fine il protagonista e il tutto viene fatto mettendo sempre in primo piano il dialogo. Emblematica anche la contrapposizione tra i 32 ragazzi che rappresentano il popolo ostile ad Edipo, poi convinto dal re Teseo, e 32 ragazze che rappresentano invece le Eumenidi. La conferma del binomio Carsen-Sartori si è rivelata ancora vincente nel cogliere l’essenza di un dramma in cui, ancora una volta, è un singolo uomo il protagonista unico non solo della tragedia ma anche del suo stesso destino. Il successo è stato fin da subito straordinario e i 10 minuti di applauso alla prima dello spettacolo sono stati il degno ringraziamento per un cast che tanto ha fatto emozionare i presenti.

Altre rappresentazioni
Le rappresentazioni teatrali di quest’anno sono iniziate il 9 maggio e continueranno fino al 6 luglio con l’aggiunta della Lisistrata di Aristofane, commedia che si basa sul paradosso di un mondo in cui le donne riescono a ottenere la pace decidendo di non concedersi più ai mariti e portandoli alla follia, e dell’Iliade di Omero👇
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📸Fonte Copertina: Best5.it