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Gli allevamenti intensivi

Luoghi di sofferenza e sfruttamento

La nostra vita è misera, faticosa e breve. Si nasce e ci viene dato quel cibo appena sufficiente per tenerci in piedi, e quelli di noi che ne sono capaci sono forzati a lavorare fino all’estremo delle loro forze; e, nello stesso istante in cui ciò che si può trarre da noi ha un termine, siamo scannati con orrenda crudeltà. Non vi è animale in Inghilterra che, dopo il primo anno di vita, sappia che cosa siano la felicità e il riposo. Non vi è animale in Inghilterra che sia libero. La vita di un animale è miseria e schiavitù: questa è la cruda verità.

La fattoria degli animali, George Orwell

Maiali, mucche, vitelli, polli e tacchini stipati in ambienti stretti e degradati. 

Bloccati per impedire loro il movimento e velocizzarne l’ingrasso. 

Imbottiti di farmaci per lievitare.

Costretti come bestie a continue riproduzioni e mandati al macello una volta esaurito il potenziale.

Sembrerebbe l’ambientazione di un qualche film dell’orrore scadente e di seconda categoria, eppure è la realtà.

Pig farms in Cina, allevamenti intensivi di suini

In Cina si parla di pig farms, colossi di cemento adibiti appositamente per l’ammasso di maiali. 

Per soddisfare la massiva richiesta di carne suina del paese (circa la metà di quella dell’intero pianeta), migliaia di maiali sono relegati al buio in “porcili” – veri e metaforici -, dove le norme igieniche sono mera teoria e i virus fioccano a profusione.

È una realtà che sentiamo distante, che crediamo non ci appartenga. 

Animal Equality interviene a smentirci. In Italia, “l’85% dei polli sono allevati intensivamente, oltre il 95% dei maiali vivono in allevamenti intensivi e quasi tutte le mucche allevate per il latte non hanno mai visto un pascolo nella loro vita.”

Sempre parlando in percentuali, secondo un report WWF del 2021, vediamo che “il 70% della biomassa degli uccelli del pianeta è pollame da allevamento. Solo il 30% è costituito da specie selvatiche. Il 60% della biomassa dei mammiferi sul pianeta è costituito da bovini e suini da allevamento, il 36% da umani e appena il 4% da mammiferi selvatici”.

Una storia di ordinaria violenza. Una questione etica che sfora in preoccupanti conseguenze per la salute – nostra e degli animali.

Se siamo ciò che mangiamo, il nostro destino appare segnato.

Cosa possiamo fare? Alternative veg e carne sintetica!

I fanatici onnivori si destano solo a sentirne il profumo. Obbiettano, reclamando la supremazia della carne. Ma le alternative veg e la carne sintetica potrebbero essere un ottimo spunto da cui ripartire per limitare gli allevamenti intensivi e rieducarci alimentarmente.

Oltre a essere benefica per il nostro organismo, una dieta vegetariana – o quanto meno ricca di legumi e proposte vegetali – è, infatti, molto più ecosostenibile.  Gli allevamenti intensivi sono responsabili da soli del 57% delle emissioni totali di gas serra. A confronto, solo il 29% di quest’ultime sono adducibili alle produzioni di origini vegetali.

Un dato considerevole, a cui si aggiunge quello che riporta l’Unione Europea: circa il 70% della superficie agricola del continente è destinata al pascolo e alla produzione di mangime.

È chiaro, quindi, che prediligere un’alimentazione vegetale sarebbe ottimale sotto più punti di vista.

Ancora in fase di approvazione, invece, la carne artificiale. 

Prodotta a partire dall’estrazione di cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi e poi coltivata in vitro, la carne sintetica – a detta di chi l’ha provata – sembrerebbe emulare verosimilmente il sapore e l’aspetto della carne tradizionale.

Dal punto di vista della salute, la produzione in vitro potrebbe offrire modi per controllare la composizione della carne e renderla più sana” ipotizza l’Agenzia europea per l’ambiente. E “Il contenuto di grassi della carne coltivata in laboratorio potrebbe essere impostato ai livelli raccomandati e i grassi saturi malsani sostituiti con acidi grassi omega-3 più sani. Ulteriori ingredienti salutari come le vitamine potrebbero anche essere inclusi nella carne”.

Una grande opportunità, che permetterebbe, inoltre, di diminuire le macellazioni e porre un freno per le tante brutture che ruotano attorno alla filiera produttiva della carne.

Ma per eventuali risvolti e impatti negativi non ci è dato, al momento, ancora sapere.

Una tale tecnologia potrebbe essere straordinariamente rivoluzionaria, o ennesima occasione di sopraffazione e sfruttamento di risorse.

Dipende dall’uso che si decide di farne.

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