Cultura

C’è un sorriso dietro quella mascherina?

Generazione Z: ecco come vengono definiti i giovani nati tra il 1995 e il 2010. Considerati ragazzi senza troppe possibilità, nessuna grande aspettativa era stata fatta su di essi. Nati in prossimità dell’attacco alle torri gemelle, con un clima di terrore e sfiducia nell’aria, si pensava avrebbero preferito rinchiudersi in casa tanto da assegnare inizialmente a questa sfortunata generazione l’appellativo “Homeland Generation”. 

“Come dargli torto”, potrebbero pensare oggi in molti, soprattutto alla luce di ciò che è avvenuto negli ultimi anni. In seguito alla diffusione del Coronavirus, effettivamente, tanti di noi passano la maggior parte delle loro giornate a casa, senza nulla da fare. Spesso si additano i giovani della GenZ con frasi fatte come “ormai quel telefono è una parte di te”, pronunciata almeno una volta al giorno da genitori che farebbero di tutto pur di fare alzare lo sguardo al proprio figlio da quel maledetto schermo e far loro godere quelle esperienze che ormai, nel bene e nel male, sfuggono agli adolescenti. 

In un periodo come quello che siamo costretti a vivere, l’onnipresenza di un dispositivo elettronico si fa sempre più pesante sulle spalle di tutti. Come allora biasimare un ragazzo/a che, dopo ore di video lezioni al computer, decide di prendersi del tempo per sé trascorrendolo chattando con amici o semplicemente scorrendo post su Instagram? La risposta è semplice: non possiamo. Ogni generazione ha le proprie prerogative grazie alle quali si distingue dalle altre. Ognuno di noi, che sia un Millennial o un Baby Boomer, reagisce alle avversità, come quelle che la pandemia ha provocato, in modo unico e differente dagli altri. 

L’impatto dell’introduzione di regole soffocanti e fin troppo restrittive ha provocato nella psiche dei ragazzi un malcontento generale e un malessere che hanno smorzato l’entusiasmo e la curiosità, atteggiamenti con i quali i giovani si sono sempre approcciati alla quotidianità. Nonostante questo, tramite la didattica a distanza,  abbiamo avuto l’occasione di utilizzare nuovi strumenti apprendendo nuove nozioni, in ambito informatico, che hanno arricchito il nostro bagaglio culturale e ciò si rivelerà sicuramente utile nei prossimi anni. 

È difficile stimare l’aumento dei casi di depressione e ansia a causa della mancanza di dati. Per molti paesi e persino per interi continenti (Africa e Sud America), non esistono numeri affidabili. 

Nonostante tali lacune, in Australia, è stata fatta una stima per il 2020. “Questo studio è il primo a quantificare la prevalenza e il peso dei disturbi depressivi e d’ansia per età, sesso e posizione a livello globale”, hanno scritto i ricercatori su The Lancet. I numeri sono devastanti: l’anno scorso i casi di disturbi depressivi e d’ansia sono aumentati di più di un quarto: un’impennata insolitamente marcata. Il modello usato dai ricercatori ha stimato che, se la pandemia non fosse avvenuta, ci sarebbero stati 193 milioni di casi di disturbi depressivi in tutto il mondo, mentre in realtà si sono verificati 246 milioni di casi, con un aumento del 28 per cento. Quello che rimarrà sarà un segno indelebile che caratterizzerà per sempre la generazione Z. Alla lunga questo isolamento sociale non farà altro che confermare la famosa denominazione di Homeland Generation di cui si parlava tanti anni prima di questa serie di sfortunati eventi. 

Solo con la forza di volontà e la fiducia riusciremo a dar vita al futuro, che in un periodo come quello che stiamo vivendo, viene percepito come qualcosa di negativo, su cui non si deve e non si riesce a contare. 

Crediamo che vi sia la voglia in ogni persona di avere più contatti umani possibili, seppur rispettando le norme imposte per mantenere la sicurezza, così da sopprimere la malinconia e la solitudine e cercare una parvenza di normalità. 

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Di Mauro Costanza - Rossitto Michela - Fanara Vittoria

IVC Liceo Classico Europeo del Convitto Nazionale Mario Cutelli

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