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Il femminiello: fra sacro e profano 

La libertà di essere se stessi

Figura di spicco della cultura popolare partenopea e parte integrante del suo retroterra sociale, il femminiello è stato ed è esempio di un’inclusività capace di scardinare pregiudizi, consolidati da secoli di ipocrisia sessuale. 

Spesso associati all’ermafroditismo, alla transessualità e all’omosessualità, i femminielli sono «uomini che “vivono” e “sentono” da donna».

Il femminiello, di Giuseppe Bonito

Quella del femminiello è una storia assai remota. Affonda, infatti, le sue radici nella Grecia Antica e, in particolar modo, in un mito.

Deve la sua natalità a Platone che, nel suo Simposio, sembra ritrarne un’immagine abbastanza somigliante.

«Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v’era la distinzione tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all’antica perfezione…»

recita il mito della metà.

Sebbene Platone facesse riferimento alle anime gemelle, non è difficile, in una rilettura moderna e intimista, riuscire a scorgerne un significato più ampio. Sarebbe la ricerca del sé, il puro e sano egoismo del desiderio di completezza personale, ad orientare l’umanità.

Lo spirito del femminiello si esplica proprio nella consapevolezza che questi ha del proprio corpo, della propria interiorità. Consapevolezza da cui scaturisce la totale libertà di essere se stesso, senza etichette e netti confini. 

Il femminiello e le sue tradizioni

Sono diverse le manifestazioni folkloristiche e religiose che interessano i femminielli.

Fra queste, la Candelora di Montevergine.

La Candelora celebra Mamma Schiavona, la mamma di tutti, colei che non esclude, non emargina e non condanna.

In quest’occasione, nella cosiddetta “Juta dei Femminielli”, i femminielli pellegrinano verso il Santuario per glorificare la Madonna, ritenuta responsabile, secondo le leggende, di aver salvato dalla pena di morte due amanti omossessuali.

La Juta dei femminielli e il pellegrinaggio a Montevergine

Sempre in tema di celebrazioni e dato l’imminente arrivo del Natale, da non dimenticare in questo novero è la regina dei giochi da tavola, la tombola. Per i femminielli, questa si declina nella Tombola Vajassa, una rivisitazione “scostumatissima”, che unisce insieme i numeri classici della smorfia napoletana e le storie più disparate e fantasiose.

La figliata dei femminielli

Pallido, gli occhi sbarrati, le due mani strette intorno alle tempie, il partoriente sbatteva il capo qua e là sul guanciale, gridando con voce acutissima. [•••] Strappato alle unghie della vecchia, e passando di mano in mano, il neonato giunse finalmente al capezzale di Cicillo: che, drizzandosi a sedere sul letto, il bel viso maschio e baffuto illuminato da un dolcissimo sorriso materno, apriva le muscolose braccia al frutto delle sue viscere.”

Curzio Malaparte, noto scrittore toscano, nella sua opera intitolata “La pelle”, descrive nel dettaglio ciò che avviene durante la figliata. Rito che più di tutti, fra quelli di cui abbiamo parlato fino a questo momento, appartiene ai femminielli. 

Si tratta di quella che alcuni antropologi hanno osservato in varie altre parti del mondo, dal Giappone al Venezuela, e che hanno definito con il termine Couvade. 

Con Couvade si intende la condizione nella quale l’uomo condivide con la donna l’esperienza del parto. In questo caso particolare, in una sorta di magia che Frazer chiamerebbe magia imitativa, la sofferenza e la fatica vengono trasferite al femminiello, che, contorcendosi, lamentandosi e urlando, ne replica le dinamiche.

La figliata dei femminielli in “Napoli Velata”, di Ferzan Ozpetek

Dal travaglio “nascerà” un bambino, sempre di sesso maschile. Se, però, in passato, si era soventi utilizzare neonati in carne ed ossa, oggi a questi sono subentrati bambolotti o oggetti fallici.

Ciò a riprova del fatto che il rito sia atto propiziatorio, auspicio di prosperità.

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2 pensieri riguardo “Il femminiello: fra sacro e profano 

  • Giuseppe Bonello

    Brava Valeria! Come sempre impeccabile

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  • Antonio Addonizio

    Articolo molto originale e interessante. Hai trasformato una figura oggetto di scherno ad oggetto di riflessione. Complimenti.

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