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La particella di Dio: se l’universo è la domanda, qual è la risposta?

Bosone di Higgs: 30 anni fa l’uscita del libro firmato dal premio Nobel Leon Lederman in cui si spiega l’importanza della particella all’epoca non ancora scoperta⬇️

Bosone di Higgs
📸www.corriere.it – Il superacceleratore di particelle del Cern di Ginevra che nel 2012 ha consentito di “catturare” per la prima volta il bosone di Higgs – voceliberaweb

Nel 2023 è ricorso il trentennale dall’uscita del leggendario libro dal titolo “La particella di Dio: se l’universo è la domanda, qual è la risposta?(1993)” scritto a due mani dal premio Nobel per la fisica Leon Lederman e dallo scrittore Dick Teresi e incentrato sulla ricostruzione storica dello studio delle particelle quantiche, con una trattazione particolare di quel fenomeno chiamato “rottura spontanea di simmetria” e del bosone di Higgs. Quando l’opera arrivò nelle librerie di tutto il mondo, la famigerata “Particella di Dio” era ancora soltanto una teoria in attesa di venire dimostrata. Ci sarebbero voluti altri vent’anni prima che gli scienziati del Cern di Ginevra riuscissero ad isolarla, realizzando una scoperta sensazionale che confermava quanto teorizzato già negli anni ’60 dal fisico britannico Peter Higgs a proposito dell’esistenza di una particella subatomica che conferisse massa alle particelle elementari, situandosi di fatto all’origine della materia.

Il libro, a cui Lederman ha contribuito per i contenuti scientifici, traccia la storia della fisica delle particelle a partire dal pensiero del filosofo greco presocratico Democrito ( vissuto nel IV secolo a.C.), con il quale l’autore immagina di dialogare in un sogno. Un fil rouge che si dipana attraverso i secoli e collega i nomi di alcuni tra i più grandi studiosi e pensatori d’ogni epoca come Archimede, Galileo, Newton, Faraday ed il “nostro” Enrico Fermi, fino ad arrivare alle conquiste della fisica quantistica nel corso del ‘900. Nell’interludio C (capitolo secondo) il lettore viene introdotto alla conoscenza del fenomeno noto come “rottura spontanea della simmetria”. Un passaggio fondamentale per comprendere il ruolo giocato dal bosone nell’interagire con le particelle e conferire loro quella che chiameremmo “massa”. Il bosone di Higgs possiede infatti una caratteristica davvero peculiare: il suo stato di energia minima(vuoto fisico) non corrisponde ad una totale assenza di energia bensì a una seppur minima onnipresenza. Così il vuoto non è letteralmente tale ma risulta animato dai bosoni di Higgs che gli conferiscono energia tanto da far parlare di “energia del vuoto”. Una sorta di fluido particellare che permea l’intera struttura della materia. (Continua sotto👇)

Raffigurazione artistica del “Campo di Higgs” e delle particelle che scorrono in questo “fluido universale”🎨

Il bosone di Higgs e la sua importanza. La scoperta del Cern ha consentito di aggiungere l’ultimo tassello mancante al cosiddetto modello standard, la teoria volta a spiegare l’architettura di base della natura. Una lunga ricerca, partita nel 1964, che nel 2012 è giunta alla tappa definitiva grazie al lavoro convergente di due equipes scientifiche guidate dalla dott.ssa Fabiola Giannotti e dal dott. Joe Incandela i cui esperimenti, condotti con due tecnologie diverse, hanno dato lo stesso risultato: il bosone esiste ed esprime un’energia quantificabile tra i 125 e 126 GeV (miliardi di elettronvolt). Ma lo studio dell’universo e di ciò che lo costituisce non è certo terminato lì. Le anomalie riscontrate nel bosone hanno infatti aperto nuove possibilità di ricerca in direzione di quanto ancora ignoriamo circa l’essenza della natura. Basti sapere che la materia rappresenta solamente il 4% dell’universo conosciuto, il restante 96% è formato da materia ed energia oscure, così chiamate poiché non se ne conoscono le caratteristiche.

Insomma, se l’esistenza stessa dell’Universo rappresenta ancora il più grande mistero che l’umanità si trovi ad affrontare, destinato forse a rimanere insoluto, la comprensione circa il suo funzionamento prosegue con piccole(grandi) conquiste da parte della scienza che di volta in volta aggiungono dei tasselli conoscitivi ad un mosaico sterminato. La strada da percorrere resta lunghissima, così tanto lunga da non lasciare nemmeno intravedere la sua fine, ma non è forse questo il sale della ricerca?

L’espressione “particella di Dio” è frutto di un’erronea traduzione italiana dell’inglese “The God particle” traducibile letteralmente come “La particella-Dio”

Copertina📷: Sapere.it

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