Gen Z e lavoro: Davvero vogliono guadagnare senza alcuno sforzo?
La Gen Z sta sperimentando una nuova tattica per entrare a far parte del mondo del lavoro, tra economia dei creators e nuovi modelli di successo. Ma ci si chiede: è davvero pigrizia o è solo un modo diverso di concepire il futuro?

Un’accusa ricorrente
I giovani nati tra la fine degli anni ’90 e il 2010 sono continuamente soggetti a critiche inerenti alla loro svogliatezza e al loro desiderio di ottenere del denaro senza sporcarsi le mani. Tra video su TikTok incentrati sulle “rendite passive”, “drop-shipping” e “investimenti crypto”, sembra fuoriuscire una generazione ignara del concetto di fatica.
Ma sarà vero??
Crescere in un mondo precario
Prima di esprimere un giudizio prettamente negativo, è importante non dimenticare che la Gen Z è cresciuta in un contesto di crisi continue: dalla recessione del 2008 alla pandemia di Covid-19, passando per l’esplosione dell’inflazione e l’instabilità geopolitica. Per molti, avere un lavoro stabile è solo un’illusione, le pensioni sembrano un miraggio, e il salario medio non basta per garantire l’indipendenza. In questo contesto, la ricerca di lavori alternativi, anche quelli più insoliti, diventa più una questione di sopravvivenza che un semplice capriccio.
Il fascino del “guadagno semplice”
Non sorprende che il web sia pieno di contenuti che promettono guadagni facili, quali investimenti automatizzati, corsi di NFT o trading. Alcuni giovani ci credono davvero, mentre altri lo usano con un tono sarcastico. La frase “fare soldi senza lavorare” è diventata più che altro una provocazione, una risposta ironica a un sistema che non offre più le certezze di un tempo.
Una nuova etica del lavoro
Ridurre tutto alla semplice voglia di “non lavorare” è un po’ fuorviante. La Generazione Z lavora e lo fa tanto ma in una maniera diversa da quella tradizionale. Molti di loro gestiscono più attività contemporaneamente, tra progetti che amano, lavori precari e creazione di contenuti. C’è chi si lancia nell’imprenditoria digitale, e chi decide di dedicarsi a quelle professioni inerenti alla sostenibilità e al benessere mentale. Oggi, l’obiettivo principale non è più solo “fare carriera”, ma piuttosto trovare un equilibrio, un senso e una certa autonomia. Secondo studi recenti, il bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata è una priorità fondamentale per i giovani sotto i 30 anni, persino più del prestigio o di uno stipendio alto. Non si tratta di disimpegno, ma di una nuova concezione: lavorare sì, ma non a qualsiasi costo.
Il rifiuto dell’antica considerazione della produttività
Uno dei terreni di scontro più significativi tra la Gen Z e le generazioni precedenti riguarda proprio il concetto di produttività. Mentre ai millenials è sempre stata inculcata la necessità di dare il massimo, di sacrificarsi per “meritare” il lavoro, molti giovani di oggi respingono questo modo di pensare. Rivendicano il loro diritto di prendersi del tempo per sé stessi, e prendersi cura della propria salute mentale. Non vogliono vivere per lavorare, ma piuttosto lavorare per vivere, e magari farlo bene.
