BTS, la fine dell’invulnerabilità
I BTS sono tornati. RM parla di crisi e insonnia post-militare. Jimin e Jungkook appaiono spaesati. Il ritorno sincero che spezza la fine della vulnerabilità dei suddetti king del k-pop.

Ci sono momenti in cui la fragilità diventa notizia. Non perché fa scandalo, ma perché incrina un’immagine fin troppo levigata, e perciò profondamente irreale. Il ritorno di RM, Jimin e Jungkook in diretta streaming dopo 18 mesi di leva militare obbligatoria è stato uno di quei momenti: una sospensione della narrazione, un’interruzione nell’estetica della perfezione assurda sudcoreana.
In una cultura, quella del K-pop, che ha fatto dell’infallibilità il proprio lessico visivo e promozionale, vedere tre figure iconiche restituirci l’incertezza, il disagio, il vuoto tra le righe, non è solo insolito. È necessario. Per ricostruire, per mostrarci che anche loro sono ancora esseri umani.
Ma perché parliamo di questo? Facile. Kim Namjoon ha confessato di essersi rotto. Non in senso spirituale, non in senso filosofico. Proprio rotto. Frattura emotiva. Crisi d’identità. Notte fonda.
In live, RM ha raccontato l’impossibilità di adattarsi a una vita regolata da protocolli e ordini, dove l’individualità è sospesa, e il pensiero creativo non solo inutile, ma quasi indesiderato.
Lì dentro, ha detto, non dormiva. Per giorni. Piangeva di notte. Ha chiesto aiuto. Ha iniziato una terapia farmacologica.
Nessuna denuncia. Ma nemmeno compiacimento. Piuttosto, un ritratto esatto della dissonanza tra il sé e il contesto: un artista immerso in un ambiente dove l’arte non ha diritto di cittadinanza, e dove la fragilità viene assorbita. O peggio, ignorata.
In questo senso, le parole di Namjoon hanno avuto un peso politico, pur senza volerlo: non solo come gesto di rottura, ma anche come esposizione lucida del limite. E il limite, oggi, è ciò che più spaventa la narrazione contemporanea: perché non vende, non attrae, non mobilita il fandom. Ma ci riguarda. E profondamente.
Jimin e Jungkook: l’imbarazzo davanti alla lente
Il giorno dopo, mercoledì, in diretta si sono presentati anche Jungkook e Jimin, dopo essere stati congedati. Paradossalmente, è bastato pochissimo per accorgersi che qualcosa era cambiato anche in loro.
Jungkook, da sempre a suo agio sotto l’occhio delle telecamere, appariva trattenuto, quasi contratto. Le parole arrivavano a scatti, lo sguardo evitava l’obiettivo. Ma non era timidezza da esposizione né eccessiva pressione dei fan. C’era qualcosa di diverso: una rigidità interna, sottile ma percettibile, come un riflesso rimasto addosso dal tempo passato in uniforme.
Il più giovane del gruppo BTS sembrava portare ancora, nelle spalle e nella voce, la disciplina muta del servizio militare; quella che impone di contenersi, di misurare, di non sbagliare.
Jimin, per converso, più loquace, cercava di alleggerire i toni. Ma anche lui appariva cauto, meno “in scena”. In quel contesto, nessuno sembrava voler essere protagonista. Non c’era una scaletta, non c’era uno storytelling. Solo due persone in un soggiorno, che si guardavano e cercavano il modo di stare di nuovo al centro del mondo, ma senza più le armature di prima.
Il mito dell’invulnerabilità si è rotto. E ora?
Per anni, i BTS sono stati percepiti, e forse anche trattati, come sovrumani. Instancabili. Infallibili. Sempre con la parola giusta, sempre con l’immagine perfetta. Un simbolo della Corea vincente, globalizzata, moderna. Certo, non solo loro, ma questa volta il meccanismo si è fermato. RM ha mostrato le crepe. Jungkook ha abbassato lo sguardo. Jimin ha lasciato spazio ai silenzi.
Ed è proprio lì che la narrazione si è fatta nuova.
Questa – è meglio sottolinearlo – non è una crisi di comunicazione. È semplicemente una nuova grammatica. I BTS non sono più solo un gruppo. Con sole due live streaming sono diventati una cartina tornasole di qualcosa che tocca moltissimi giovani: il peso dell’adattamento, la fatica dell’identità, l’ansia di non potersi fermare mai.
E se il prossimo capitolo fosse la libertà… di espressione?
Il futuro? Nessuno ha parlato di comeback, ma tra una settimana tornerà l’ultimo membro rimasto in servizio, Suga. Nessun teaser, nessun disco imminente. Solo una certezza sottotraccia: quando (e se) i BTS torneranno con nuova musica, sarà una musica diversa. Non perché avranno nuovi sound, ma perché avranno finalmente spazio per raccontare la complessità di ciò che sono diventati.
Dopo aver conquistato tutto, possono permettersi qualcosa di molto più raro: essere sinceri.
E forse, per la prima volta, non si tratta più di successo. Ma di sopravvivenza emotiva.