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Rai: divisa fra le accuse di censura e il silenzio (imposto)

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Art. 21, Costituzione italiana

È in un contesto come quello del 25 aprile, data simbolica in cui si celebra la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista, che è doveroso ribadire l’importanza di un diritto sacrosanto come quello sancito dall’articolo 21.
Diritto che il regime fascista per oltre un ventennio soffocò, attuando sistematiche attività di censura e di controllo di ogni forma di comunicazione, e, al contempo, perseguendo, catturando, torturando e uccidendo chiunque gli si opponesse . Manifestamente o meno.
La funzione di ricorrenze come questa ha uno scopo ben preciso. Ricordare, portare consapevolezza ed educare alla libertà, così che gli errori del passato non vengano ripetuti.
Alla luce di quanto appena scritto, appaiono allarmanti i recenti accadimenti che hanno interessato da vicino il primo servizio informativo italiano, la Rai.
Partendo dai comunicati stampa in occasione del Festival di Sanremo fino ad arrivare alla cancellazione del monologo di Antonio Scurati proprio in occasione del 25 aprile. Manovre che rivelerebbero tutte delle criticità. Fraintendibili, oscure, una minaccia per l’integrità del nostro paese.

Il caso Ghali

Sul palco dell’ultima serata della 74a edizione del Festival di Sanremo, il rapper italo-tunisino Ghali, sfruttando la visibilità del suo ruolo di personaggio pubblico, ha lanciato l’appello “Stop al genocidio”, diventando così un vero e proprio caso mediatico.
Parole di pace caldissime in un periodo come questo, in seguito alle quali la Rai ha reagito tempestivamente.
Con un comunicato stampa dell’amministratore delegato Roberto Sergio, letto in occasione dello speciale di Domenica In dell’11 febbraio, in diretta dal teatro dell’Ariston, la Rai ha preso saldamente posizione, dimostrando “solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica”. Nessun accenno alla contropartita.
Delle dichiarazioni che sono andate come a tamponare il putiferio scatenato dal cantante e che hanno sottolineato le distanze dell’ente dallo stesso.
Un doppio standard quello a Sanremo, che rivelerebbe molto delle “nostre” trame politiche.

Il caso Scurati

Sono varie le confabulazioni che hanno seguito l’annuncio della cancellazione del monologo di Antonio Scurati. Testo realizzato in occasione del 25 aprile per il programma dir Rai3 “Che sarà”.
In seguito alle accuse, l’azienda si difende, affermando: “È opportuno non confondere aspetti editoriali con quelli di natura economica e contrattuale, sui quali sono in corso accertamenti a causa di cifre più elevate di quelle previste e altri aspetti promozionali da chiarire connessi al rapporto tra lo scrittore e altri editori concorrenti”. Nega, quindi, che vi sia stata una censura e riconduce il tutto ad una mera questione di denaro.
Il monologo verrà comunque letto dalla conduttrice del programma, la giornalista Serena Bortone. Un segno di protesta che non passa inosservato.
Alla richiesta, avanzata dal PD, di ascoltare la versione della Bortone, la maggioranza si oppone. Dopo esser passata al voto della commissione, la proposta viene nuovamente bocciata, motivata dalla preferenza del partito di maggioranza di voler attendere l’esito delle indagini interne.
Scurati, anche in seguito al commento della vicenda da parte della Premier, è poi intervenuto: “Quanto lei incautamente afferma, pur ignorando per sua stessa ammissione la verità, è falso sia per ciò che concerne il compenso sia per quel che riguarda l’entità dell’impegno. […] Il mio pensiero su fascismo e postfascismo, ben radicato nei fatti, doveva essere silenziato.
Ha concluso: “È questo il prezzo che si deve pagare oggi nella sua Italia per aver espresso il proprio pensiero?”

L’Usigrai, sindacato storico a tutela dei giornalisti Rai, ha con lui concordato.

Siamo di fronte ad un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico. […] Ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale.”

Rai come megafono del Governo

Per il caso Ghali, Mara Venier, conduttrice di Domenica In e portavoce del comunicato stampa incriminato, era stata accusata di servilismo. E non a caso viste le evoluzioni interessanti della politica Rai.

Una serie di modifiche stravolgono le regole sull’informazione per la campagna elettorale delle Europee. Fra le più rilevanti, quella rivolta a garantire una “puntuale informazione sulle attività istituzionali e informative”.

In sintesi: la Rai è relegata al ruolo di megafono.

Anche in questo caso, Usigrai interviene: “Ministri e sottosegretari non avranno alcun vincolo di tempo nei programmi e potranno dire ciò che vorranno purché riferito all’attività istituzionale. […]
Con la norma approvata dalla maggioranza di governo in commissione di Vigilanza, nei programmi di approfondimento giornalistico della Rai, si ritorna all’Istituto Luce.

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