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Il papiro di Ercolano: un tesoro sepolto

Correva il 79 d.C., era l’una del pomeriggio e il Vesuvio, con un boato terribile, eruttò. Magma, ceneri, pietre pomici e altri materiali piroclastici travolsero le città in prossimità, seppellendo e uccidendo i loro abitanti.

Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis smisero di esistere, come cancellate da uno scarabocchio, e solo due millenni dopo, alla metà del diciottesimo secolo, furono riesumate.

Insieme alle rovine, venne scoperto anche ciò che rimaneva di antichi saperi. Fra questi, il papiro di Ercolano, uno dei pochi superstiti della vasta biblioteca cittadina.

Il suo ritrovamento ha aperto un’importante finestra sul mondo classico, fornendo un’ulteriore comprensione della vita, della cultura e delle conoscenze dell’Antica Roma.

Il ritrovamento del papiro

Papiro di Ercolano
Papiro di Ercolano

Il papiro di Ercolano fu scoperto nel 1752 durante gli scavi archeologici condotti da Karl Weber, ingegnere svizzero al servizio del re di Napoli. Trovato all’interno di una villa romana, il rotolo di papiro era conservato in una delle biblioteche, presumibilmente appartenente a Lucio Calpurnio Pisone Caesonino, padre della terza moglie dell’imperatore Giulio Cesare, Calpurnia.

Secondo vari studiosi, il papiro sembrerebbe contenere una serie di testi filosofici e scientifici, fra cui opere di Epicuro, Filodemo di Gadara e altri autori greci e romani. 

Date le condizioni in cui versava al ritrovamento – la pergamena si era, di fatto, compattata a formare una sorta di tronco carbonizzato -, risultò però impossibile srotolarlo e scoprirne di più. Al minimo accenno, il finissimo foglio incartapecorito si sgretolava, finendo per rischiare di danneggiare irreparabilmente l’artefatto.

Solo negli ultimi anni è giunta, in epifania, una soluzione: sfruttando complesse e innovative tecnologie, un gruppo di ricercatori (Youssef Nader, Luke Farritor e Julian Schilliger) è riuscito nell’impresa.

Gli ideatori del progetto

Tramite l’intelligenza artificiale, i giovani hanno, prima, distinto l’inchiostro dal papiro e, successivamente, determinato la natura dei caratteri greci rilevando le ripetizioni. 

Così facendo, hanno decifrato circa il 5% del documento e vinto il premio di 700.000 dollari in palio nel concorso “Vesuvius Challenge”.

Una scoperta preziosa quella del papiro di Ercolano, che potrebbe rivelare molto della storia del nostro paese. Ben poco ci è, infatti, pervenuto delle nostre radici e della nostra memoria ancestrale, complici catastrofi naturali e umane.

Chissà che strumenti della modernità non ci permettano di ricostruire il passato.

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