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Gigi Riva – La leggenda di “Rombo di Tuono”

Il ritratto di uno dei calciatori più forti nella storia del calcio italiano, scomparso lunedì scorso all’età di 79 anni.

Gigi Riva
📷google – Gigi Riva in azione con la maglia del Cagliari negli anni ’70 – voceliberaweb

“Riva, Riva, Riva” – E’ il minuto 104′ della sfida tra Italia e Germania Ovest, semifinale mondiale del 1970. Le due squadre stanno battagliando senza esclusione di colpi agli oltre duemila metri di altitudine dello stadio “Azteca” di Città del Messico. Quando il punteggio è fermo sul 2-2 e sta per scadere il primo tempo supplementare ecco che il pallone viaggia sulla sinistra per la corsa di Domenghini, il cui traversone in mezzo viene raccolto da Gigi Riva al limite dell’area. Il numero 11 azzurro fa tutto con il suo portentoso piede mancino: controllo, movimento ad aggiustare la posizione e diagonale preciso a trafiggere il portiere tedesco Maier per il nuovo vantaggio dell’Italia. E’ uno dei momenti più iconici nella storia del nostro calcio, una delle istantanee di quella che sarebbe diventata la “Partita del secolo”, e a scolpirlo indelebilmente nella memoria collettiva contribuisce la voce vibrante di emozione di Nando Martellini. Non descrive l’azione, ma scandisce ogni tocco con un crescendo di tonalità, perché quando i riflettori si accendevano su Gigi c’era sempre la sensazione che qualcosa di importante potesse accadere, come quel pomeriggio di giugno in Messico.

Come nacque “Rombo di Tuono”. Poco tempo prima che andasse in scena quell’indimenticabile Italia-Germania 4-3, Gigi Riva si era reso protagonista di un’altra impresa leggendaria: vincere lo scudetto con il suo Cagliari. Sulla cavalcata trionfale dei sardi, prima squadra del Mezzogiorno ad aggiudicarsi il titolo, c’è la pesante firma dell’attaccante di origini lombarde. Ventuno le reti che lo consacrano capocannoniere del campionato 69/70 e gli valgono la convocazione per i mondiali messicani, insieme ad altri cinque compagni di quella mitica formazione rossoblù (Albertosi, Cera, Domenghini, Gori e Niccolai). Le gesta del ragazzo con la faccia da eroe antico ispirano un altro sublime cantore dello sport italiano, Gianni Brera. L’occasione è una partita tra Inter e Cagliari all’inizio della stagione successiva alla spedizione mondiale. I cagliaritani si presentano a San Siro con il tricolore cucito sul petto e Gigi Riva, fascia da capitano al braccio, si trova all’apice della carriera. La gara viene vinta per 3-1 dai campioni d’Italia con una formidabile doppietta dello stesso Riva. L’indomani, sulle colonne del Guerin Sportivo, l’impatto del suo piede sinistro sulla palla viene descritto da Brera con un’espressione destinata a restare nel tempo: “Rombo di Tuono”. Il soprannome, piuttosto azzeccato nel descriverne l’impressionante forza esplosiva oltre che la tremenda efficacia, avrebbe accompagnato Riva da lì in avanti, facendolo conoscere anche alle generazioni che non hanno fatto in tempo a vederlo calcare il terreno di gioco.

📷globalist – Riva con la maglia della Nazionale, di cui è miglior marcatore all-time con 35 reti in 42 gare

Il legame con la Sardegna. Lombardo per nascita, sardo per scelta. Lui che in quell’isola non sarebbe voluto andare, ma dovette accettare di approdarvi, nell’estate del ’63, perché i soldi offerti dal Cagliari servivano eccome alla sua famiglia. Quel ragazzo che sbarcava nel porto del capoluogo sardo per iniziare un’avventura dai contorni incerti non poteva sapere ancora che quella terra così brulla e all’apparenza inospitale gli sarebbe entrata dentro, insieme alla sua gente, tanto da diventare parte della sua identità. “Gigi Riva ha scelto di essere sardo” – Una scelta non comoda, non scontata, ma che non sarebbe mai stata rinnegata, nemmeno davanti ai milioni dei colossi del nord. Pensava di essersi allontanato troppo dagli affetti, non sapeva che laggiù di affetti ne avrebbe trovati tanti altri. Quello dei tifosi, che hanno visto in lui un simbolo di riscatto e lo hanno considerato davvero uno di loro. Quello dei compagni di squadra, non solo gli eroi dello scudetto, che hanno conosciuto l’uomo oltre il campione e non hanno mai smesso di sostenerlo ed esserne sostenuti. Quello dei vicini di casa, di chi popolava i luoghi della quotidianità cagliaritana e lo vedeva talvolta passare, rispettandone l’essere schivo.

Ed è per questa inscalfibile fedeltà, prolungata ben oltre la carriera sportiva, che oggi lo piange un intero popolo.

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