Psicologia e Relazioni

“Bystander Effect” – La piaga sociale che colpisce soprattutto i giovani.

L’ennesimo caso di qualche giorno fa, noto a tutte le cronache, di una giovane studentessa di una scuola superiore di Roma che è stata picchiata in classe da un compagno dinanzi a tutti gli altri . Nessuno è intervenuto per difenderla.

Si chiama “apatia degli astanti” o più comunemente “effetto spettatore” con l’aggravante che spesso e volentieri l’unica azione compiuta è quella di riprendere col cellulare la scena e poi diffonderla sui social. Come nel caso della studentessa romana.

Da cosa nasce questo tipo di comportamento sociale?

Questo comportamento sociale parte da un principio che possiamo definire inversamente proporzionale, ovvero maggiore è il numero degli spettatori e minore sarà la probabilità che qualcuno reagisca.

Il tutto è riconducibile a tre variabili che in sociologia vengono definiti : ambiguitàcoesione sociale e diffusione di responsabilità.

L’ambiguità è intesa come quella fattispecie sociale che influisce sulla percezione dello spettatore a decifrare se la situazione di emergenza a cui assiste richiede un tipo tipo di reazione immediata o no. In poche parole, se la persona in stato di emergenza “grida aiuto” la percezione dello spettatore di pericolo è immediata e nella maggioranza dei casi interviene, altrimenti non sarà sicuro dello stato di pericolo e la sua reazione sarà lenta o assente.

Secondo i principio dell’influenza sociale, gli spettatori monitorano le reazioni delle altre persone in una situazione di emergenza per vedere se gli altri pensano che sia necessario intervenire. Se si è determinato che gli altri non stanno reagendo alla situazione, gli spettatori interpreteranno la situazione non come un’emergenza e dunque non interverranno. Questo è un esempio di ignoranza pluralistica o prova sociale.

Altra variabile è la coesione sociale, cioè il comportamento di aiuto di uno spettatore viene influenzato dal grado di relazione consolidata con gli altri spettatori, ad esempio amici, conoscenti, compagni di scuola, di classe etc. Più sono coesi, più la reazione è uniforme.

La terza variabile è la  diffusione di responsabilità  che si presenta quando le persone credono che ci siano altre persone intorno meno propense o più lente ad aiutare una vittima, ritendendo che tanto qualcun altro se ne prenderà la responsabilità. Quello che gergalmente viene definito lo “scarica barile”.

Queste variabili possono spiegare sommariamente ciò che si cela dietro un comportamento di apatia sociale, ma un’aggravante a tale comportamento è sicuramente il filmare la scena per poi renderla social. Qui entrano in gioco altri fattori.

Estetizzazione” della violenza e social sharing
fonte : State of minds

Nel cinema è molto diffusa l’estetizzazione della violenza intesa come “messa in scena” della violenza prolungata e rilevante [ cit.wikipedia].

Ma con l’avvento sei social non si tratta più di mettere in scena , ma il voler dimostrare cosa accade “realmente” in una scena di violenza anche in maniera cruda. Questi comportamenti sono spesso dettati dalla tendenza sociale di voler esser “virali” , voler essere i più ricercati sul web e ottenere riconoscimenti e consensi.

Alla base troviamo la soddisfazione di alcuni bisogni (riportati da Maslow secondo uno schema a piramide). Primo tra tutti quello di autorealizzazione.

Si tende a pubblicare ciò che mette in mostra le proprie abilità e i propri successi, anche se in questo caso il successo può essere inteso come essere “il primo a raccontarlo”. Ormai è diventata una gara per la conquista del successo, una continua rincorsa a chi fa meglio e di conseguenza avanza di un posto rispetto agli altri nella scala sociale. Un altro bisogno che cerca di colmare chi posta, è quello di appartenenza: per sentirsi accettati, essere parte di un gruppo e far parte di quel meccanismo che viene utilizzato dagli altri come una sorta di riprova sociale per la quale “se lo fanno tutti devo farlo anche io, e anche meglio”.

Ecco come da “spettatori passivi ” si diventa “protagonisti attivi”. Il passaggio è veloce.

Il fenomeno del social sharing trova dunque la sua origine in un fattore psicologico influenzato dal contesto sociale e dalla socialità stessa dell’uomo che, essendo intrinsecamente predisposto alla vita in gruppo, sente la necessità di affermare il proprio ruolo e la propria immagine all’interno di esso per non rischiare di sentirsi escluso.

Fonti: igeacps.it , wikipedia.

immagini copertina: Psiconovel- focus.it

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