Legalità

ll Giudice Roberto Di Bella incontra gli studenti dell’I.C. “Sante Giuffida” di Catania. Riflessione di una studentessa.

L’allontanamento dei giovani dalla Calabria per renderli liberi di scegliere.

Qualche settimana fa, io e i miei compagni abbiamo partecipato al progetto “Liberi di scegliere” e venerdì 18 novembre abbiamo incontrato il giudice Di Bella, presidente del tribunale dei minori di Catania, con il quale abbiamo parlato della ‘ndrangheta e di tutti quei giovani ragazzi che ne fanno parte e che sono inconsapevoli del futuro tra le sbarre che gli spetta. I ragazzi, però, possono essere salvati in tempo.

La ‘ndrangheta è una delle organizzazioni criminali più pericolose al mondo.

Nata nella provincia di Reggio Calabria, controlla illegalmente numerose imprese commerciali, tanto da avere a livello globale un giro d’affari di 53 miliardi di Euro.

Il compito del giudice è quello di aiutare tutti i minorenni coinvolti in questo pericolosissimo giro.

Purtroppo, non è facile convincere questi ragazzi ad abbondare la via della ‘ndrangheta .

A questi ragazzi, infatti, fin dall’età di cinque anni, viene imposta un’educazione criminale, che ha per principio i codici d’onore dell’organizzazione: se qualcuno ti fa un torto, cerca vendetta, mai fidarsi della legge e prendere il posto del padre nell’associazione.

Tutto ciò è pericolosissimo, infatti porta solo alla distruzione del ragazzo e al rischio costante della morte.

Il ruolo, all’interno dell’organizzazione, viene tramandato da padre in figlio, per questo motivo molti giudici decidono di allontanare i giovani dalla Calabria e dalle loro famiglie per farli crescere  in un ambiente più civile e per renderli liberi di scegliere.

Io penso che l’allontanamento dei giovani dalla Calabria sia un percorso non semplice, ma che può fare del bene.

Penso che non sia facile né per i ragazzi, che devono abbandonare le loro famiglie, né per i giudici che prendendo queste decisioni rischiano la loro vita.

Penso che sia un bene perché ,a volte, non basta parlare dei rischi e dei pericoli, ma bisogna agire con i fatti.

In questo modo i giovani, possono capire che esiste un’alternativa alla vita da criminale e che sono ancora in tempo per cambiare la propria strada, intraprendendo una vita più civile e più tranquilla.

Tutti dovrebbero avere il diritto di scegliere, anche quei ragazzi che una volta superati i 18 anni sono finiti in carcere, perdendo così numerosi anni della propria giovinezza, solo perché non hanno capito in tempo, che esiste un’alternativa a quella vita che gli è stata tramandata da un’organizzazione criminale, ma chiaramente non è colpa loro.

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Federica Bentivegna

Studentessa I.C. Sante Giuffrida - Nino Martoglio 3B media

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