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Europee. Pizzarotti (Azione): “Ursula Von der Leyen non ha mai espresso delle posizioni forti e coerenti. +Europa scomparirà dentro Italia Viva”

Sindaco di Parma dal 2012 al 2022, già Presidente di +Europa, Federico Pizzarotti, dopo aver lasciato il partito di Emma Bonino, scende in campo nella circoscrizione Nord-Est per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno con la lista “Siamo Europei-Azione”, aderendo proprio al partito di Carlo Calenda.

  • Già alle scorse elezioni europee Lei si era candidato, sfiorando fra le altre cose l’elezione. Oggi ci riprova. Quali sono le motivazioni di questa Sua nuova candidatura?

Partiamo da quella precedente. La candidatura del 2019 era stata una “candidatura di servizio” nel movimento che all’epoca avevamo fondato insieme ad altri sindaci, “Italia in Comune”. Diciamo che come figura di spicco del gruppo mi sono candidato, facendo poi campagna elettorale non solo nel nord-est ma anche in giro per tutta Italia, per dare una mano ma l’intento non era sicuramente quello dell’elezione. Io comunque ho sempre esordito dicendo: “Anche se eletto non andrei in Europa”. Era il 2019, prima della pandemia. Parma sarebbe stata capitale della cultura per il 2020 e quindi io non avrei mai lasciato la città.

Oggi lo scenario è molto diverso. Finita la responsabilità amministrativa, l’impegno è proprio quello di andare in Europa, per rimanerci, per impegnarmi e per impegnarci come partito. L’Italia oggi è al 25esimo posto su 27 Paesi come influenza dei parlamentari europei dentro il Parlamento europeo, a dimostrazione di come in passato siano state mandate persone che non si sono impegnate nel fare il proprio lavoro. Se eletto cercherò di mettere il mio massimo impegno, come ho sempre fatto anche da Sindaco.

Penso che uno dei fattori più distintivi sia sicuramente quello del “Green Deal”, del condividere l’intento della limitazione di ogni produzione con emissioni che siano legate ai trasporti, all’energia o alle case. Tuttavia oggi, per come sono stati posti gli obiettivi, risulta infattibile per le persone e per le aziende poiché viene data una prospettiva ma non viene di fatto detto come raggiungerlo in un modo temporalmente ed economicamente sostenibile.

Il secondo tema è quello legato invece alla produzione di energie, al fatto di dire in modo non timido che sicuramente serve spingere sulle energie rinnovabili ma che anche un mix delle stesse non può prescindere comunque dalla produzione attraverso l’energia nucleare. Oggi i paesi come la Germania, che hanno puntato allo spegnimento delle centrali nucleari, vista la crisi e l’aumento del fabbisogno energetico dovuto alla guerra Russia-Ucraina e legato all’aumento delle esigenze, è tornata al carbone che non penso sia una fonte senza impatto ambientale. Quindi serve essere realisti e affrontare questo tema in modo non ideologico ma più pragmatico.

  • Nei giorni passati Lei ha espresso un giudizio nettamente negativo nei confronti di Ursula Von der Leyen. A riguardo Le chiedo quali siano stati secondo lei i suoi errori più gravi?

Sicuramente questo quinquennio era partito sotto l’effetto dell’impatto delle azioni legate alla riduzione dell’impatto climatico, certamente deviato poi dalla pandemia prima e dalla guerra dopo. Tuttavia in una serie di situazioni, soprattutto legate al tema del conflitto ucraino, la Von der Leyen non ha espresso delle posizioni coerenti e forti. Oggi l’Europa ha difficoltà rispetto alla politica estera perché ogni stato parla per sé ma sicuramente la Von der Leyen non ha brillato nel provare a trovare una posizione di sintesi tra tutti i paesi e rimanere autorevole in questo.

Seconda cosa: le politiche economiche non hanno portato ad una ripresa in termini europei. Oggi tanti dei paesi hanno una difficoltà dal punto di vista dei bilanci e soprattutto della produzione industriale. Quindi auspicando e immaginando anche che ci sia un equilibrio e una maggioranza diversa nel Parlamento europeo, si spera di avere anche una Commissione diversa, che possa esprimere un cambio di passo rispetto a quelli che sono stati gli ultimi 5 anni.

  • Uno dei nomi più chiacchierati per sostituire Ursula è quello di Mario Draghi. Lei condivide questa candidatura?

Io condivido ma penso anche che il modo peggiore di provare a realizzarla sia proprio il parlarne, questo perché quando si fa un nome troppo presto poi si rischia di bruciarlo. Sarà un processo secondo me legato anche a quelli che saranno gli equilibri in parlamento, a quella che sarà una possibile nuova maggioranza e anche ai possibili “veti”. Bisogna considerare quindi quello farà il PSE e cosa farà il gruppo dei conservatori, tenendo poi conto anche delle disponibilità. Io penso che in questo Renew, che sarà il gruppo in cui confluiremo come eletti di Azione, potrà esprimere una posizione sia mediana che di sintesi, rappresentando quindi un punto di riferimento nel poter influenzare la scelta del prossimo Presidente della Commissione.

  • Lei prima ha parlato di “candidature di servizio”, secondo Lei queste non vanno poi a danneggiare la politica europea? Anche rispetto al rapporto tra partiti e cittadini

Dipende come sono espresse. Per come sta facendo Azione, come ho fatto io l’altra volta e, se vogliamo anche Tajani, il dire: “Sostengo la mia lista” è un certo discorso, considerando sicuramente che le figure che hanno una visibilità maggiore tirano la lista. Calenda, a differenza di altri, però non ha mai detto “Votate per me” o “scrivete il mio nome” bensì “votate i nostri candidati, scegliete le persone competenti”.

Diverso è l’approccio che ha avuto la Meloni o che ha avuto Salvini nelle scorse elezioni europee, ribadendo “Scrivi Giorgia” o “Scrivi Salvini”. Con la Meloni si porta avanti sicuramente l’idea di esprimere una preferenza per una candidata, la quale in questo caso è poi anche il Premier e che non andrà certamente in Europa. Secondo me la differenza sta quindi nel come sono fatte le cose, dallo spirito con le quali sono realizzate. Bisogna poi vedere se gli elettori hanno chiaro l’approccio o se si sta cercano invece qualche modo per acchiappare più voti prendendoli in giro.

  • Come mai nella nostra politica attuali c’è bisogno di figure che tirino le liste piuttosto che programmi o proposte? Perché ci si concentra più su questo personalismo che sulle proposte stesse?

Perché sempre di più da Berlusconi in poi, lui che dopo lo scandalo di Mani Pulite e la sua ascesa in campo ha impersonificato la politica, con Forza Italia che era Berlusconi stesso (e oggi nonostante sia deceduto troviamo il suo nome nel simbolo), da lì fenomeni come Matteo Renzi, Beppe Grillo, la Meloni, Salvini, hanno incarnato il programma, le idee, la personalità all’interno della persona. Anch’io trovo tutto ciò sbagliato, perché vuol dire che un partito diventa la persona mentre il partito dovrebbe essere un insieme, un gruppo di persone e un contenitore di valori, ideali e programmi. Tuttavia oggi la politica è questa, la dimostrazione per cui anche il programma nemmeno lo si presenta.

Tanti dei partiti oggi alle elezioni non hanno presentato il programma neanche dal punto di vista contenutistico, né sul sito e neppure attraverso un evento o magari con una presentazione e molti addirittura non parlano neanche di Europa. Vannacci per esempio, capolista quasi dappertutto per la Lega, parla del suo libro e non parla di Europa. parla di temi piò o meno divisivi ma che non sono tematiche europee ma soltanto di cronaca, temi d’opinioni da bar. La politica purtroppo si è spostata lì. Secondo me è poi anche una questione di domanda e offerta. Per il mio pensiero l’offerta si è impoverita ma il problema è anche la domanda. Le persone vanno poi spesso a votare e premiare quest’offerta più povera, spingendo un po’ tutti ad allinearsi ad essa. Io penso che debba mutare anche l’attenzione da parte degli elettori per far cambiare anche l’approccio dei partiti.

  • Lei non pensa quindi che spetti ai partiti invertire la rotta in tal senso?

Sicuramente sì ma torniamo al discorso della domanda e dell’offerta. Pensiamo ai giornali che si occupano di informazione, a quelli online o anche alle riviste, tutte le persone sono tentate e attirate da un certo tipo di notizie e meno da altre. Oggi i programmi hanno meno appeal del personalismo magari, conta più l’approccio politico piuttosto che il contenuto e tutto ciò determina per chi si vota.

Sicuramente i partiti possono farlo ma solo se hanno una prospettiva di medio lungo termine, oggi avere un approccio come io penso sia quello di Azione (noi per primi abbiamo presentato il programma, prima dei candidati e abbiamo presentato non solo i capolista ma un buon 80% dei candidati prima dell’inizio delle elezioni) significa avere un approccio che vada verso quella direzione. Certamente non posso dire la stessa cosa di altri partiti . Tutti hanno presentato se va bene i capilista e un po’ di candidati circoscrizione per circoscrizione ma non hanno mai espresso un approccio che vada in modo pragmatico a presentare prima le idee e poi coloro che le portino avanti.

  • Prima di approdare al partito di Carlo Calenda lei era in +Europa. Circa le motivazioni che l’hanno portata a lasciare la sua precedente casa politica Lei si è già espresso, indicando nell’alleanza tra Bonino e Renzi un vulnus del progetto politico che si stava perseguendo. A guardare però le proposte ma anche la visione, i partiti della lista “Stati Uniti d’Europa” e Azione stessa sembrano andare spesso nella stessa direzione. Secondo lei l’ostacolo alla formazione di un centro solido e unito è quindi la figura di Matteo Renzi?

No, direi di no, anche perché allora avrei fatto la scelta sbagliata. Tuttavia non penso, potrei fare diversi esempi rispetto all’approccio politico di Matteo Renzi che è invece all’opposto del mio. Sicuramente poi la visione europea di +Europa, di Italia Viva e di Azione sono la stessa e la troviamo nel nome “Stati Uniti d’Europa”, lanciato da +Europa e ancor prima da Pannella, non sicuramente da Matteo Renzi. Lui in modo furbesco ha cominciato a cavalcarlo prima ancora che ci fosse la convention e altre attività, questa è una storia molto più lunga che sicuramente non è merito di Renzi.

Appare inoltre evidente come ci siano delle sovrapposizioni. Non è un caso che all’epoca la mia proposta politica all’interno del partito fosse quella di fare un’alleanza stabile con Azione, allo stesso modo di come oggi è solida l’alleanza tra Sinistra Italiana e Verdi. Alla fine gli elettori premiano le alleanze forti, anche tra figure che hanno punti di vista diversi su alcune cose. Oggi la scelta è stata, secondo le loro dichiarazioni, di fare un progetto che morirà, e secondo me non sarà così, alla fine delle elezioni, con questa lista di scopo che si scioglierà e con ognuno che tornerà rispettivamente nel proprio alveo di partito. Secondo me, e faccio un pronostico, non sarà così. Penso anzi che con la scusa del risultato, che immagino essere comunque sopra il 4% (anche se non più di tanto), diranno “allora restiamo insieme”, di fatto facendo scomparire +Europa dentro Italia Viva.

Oggi stiamo vedendo che la somma di +Europa ed Italia Viva non fanno la somma dei due pesi elettorali prima delle elezioni, a dimostrazione che i sondaggi che ho sempre citato, e che all’interno di +Europa conoscevano, provavano come gli elettori non volessero un’alleanza con Italia Viva. Oggi purtroppo questi stessi sondaggi mi danno ragione, come spesso accade quando si usa il buon senso e il pragmatismo. Mi dispiace che loro abbiano preso una strada diversa.

  • Lei ha parlato di sondaggi. Per quanto riguarda Azione, le previsioni la preoccupano?

Devo dire di no. Oggi finalmente tutti i sondaggi ci danno tra il 4% o 5%. L’importante è essere sopra la soglia di sbarramento e questo finalmente è così, anche se secondo me era poi abbastanza prevedibile, soprattutto con un 30% ancora di indecisi. Non parlo tanto dei non votanti ma di coloro che si faranno un’opinione strada facendo. Questa percentuale un mese fa era sicuramente più bassa ma comunque sono convinto che a fine campagna elettorale tutto ciò sarà un “non problema”, che io infatti non mi sono mai posto. Oggi il mio unico obiettivo è fare campagna elettorale, far conoscere il programma e poi son convinto che passeremo. Se guardiamo gli ultimi sondaggi anzi, abbiamo di fatto gli stessi numeri della lista “Stati Uniti d’Europa”, a dimostrazione che loro nella somma hanno perso e noi nella coerenza abbiamo guadagnato.

  • Ci fa una previsione sui partiti italiani che usciranno meglio e peggio da queste elezioni?

Nel campo del centrodestra penso che chi uscirà peggio sarà la Lega mentre in quello del centrosinistra, se coì vogliamo chiamarlo, mi auguro che sia il Movimento 5 Stelle, il quale ha ormai una dimensione che spesso va al di là del contenuto e perché oggi non sta esprimendo nessun contenuto. Considerato che in tutte le elezioni comunali sono scomparsi, che nelle regionali prendono sempre meno del 10%, trovo ancora incredibile che possano essere sopra al 15% nei vari sondaggi. Mi auspico quindi un ridimensionamento per Lega e 5S. Chi invece uscirà meglio da questo europee, anche rispetto alle aspettative, secondo me saranno Forza Italia nel campo del centrodestra e Azione nel campo del centrosinistra.

  • Le europee sono un appuntamento che vede l’elettorato meno coinvolto rispetto alle elezioni nazionali. Si riscontra poi una cultura e una conoscenza inferiore rispetto agli organi europei e al loro funzionamento. Qual è la strategia per invertire la rotta soprattutto tra i più giovani?

Sicuramente c’è una scarsa informazione circa il funzionamento dell’Europa, dei suoi meccanismi e delle sue deleghe rispetto a quelle che sono invece le quelli di uno stato. Non penso che il momento della campagna elettorale, che dura troppo poco, e in cui tutti siamo schiacciati dal momento del deposito delle liste in poi a far campagna, sia quello giusto per realizzare ciò. Penso invece che servirebbe molto più tempo per avvicinare i cittadini e far capire il funzionamento dell’Europa. Citando il numero che riportavo prima, essere 25esimi su 27 ci deve dare la speranza che in questa tornata possano essere eletti profili che facciano crescere invece anche questa considerazione e questa influenza. Tuttavia bisogna lavorare 5 anni sul proprio territorio di elezione, facendo conoscere quindi anche la propria attività in Europa.

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