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Addio a Giorgio Napolitano, il Presidente rieletto che segnò la storia

“Come Capo dello Stato ha interpretato con fedeltà la Costituzione e il ruolo di garante dei valori della nostra comunità“. Con queste parole Sergio Mattarella ricorda il suo predecessore al Colle Giorgio Napolitano, venuto a mancare nella serata di ieri all’età di 98 anni. La sua figura è stata senza ombra di dubbio di primo piano sia nella Prima che nelle Seconda Repubblica, arrivando nel 2006 al Quirinale. La sua esperienza come Presidente della Repubblica ha avuto certamente un notevole impatto sia sul piano storico che su quello politico.

Il percorso politico

Nel 1944, contro il volere del padre, si iscrive al PCI e già nel 1953 entra in Parlamento. Lungo il suo percorso politico ha ricoperto diverse cariche tra le quali nel 1992 quella di Presidente della Camera dei deputati, succedendo fra le altre cose ad un futuro Capo di Stato quale Oscar Luigi Scalfaro. Nel 1996, durante il Prodi I, la sua nomina a Ministro dell’Interno fu praticamente un fatto storico, essendo il primo ex comunista a rivestire tale ruolo. Per le stesse motivazione la sua elezione al Quirinale nel 2006 fu argomento di dibattito politico. Alla fine del mandato si trovò nelle condizioni di doverne accettare un secondo che portò avanti sino al 14 gennaio del 2015, ovvero quando presentò le proprie dimissioni.

L’esperienza nel partito

La sua appartenenza al PCI fu sempre segnata dalle proprie posizioni “riformiste”. Faceva parte di un’area che includeva altri volti noti della storia della sinistra italiana quali Macaluso, Lama e Iotti che insieme formavano la corrente dei cd. “miglioristi”. La sua natura da leader e il suo impegno non furono però sempre graditi all’interno del partito del quale non divenne mai segretario. Diversi furono i tentativi, uno dei quali nel 1972 quando fu sconfitto da Enrico Berlinguer, considerato da sempre “figlio del partito”. In quell’occasione la candidatura di Napolitano era stata rafforzata dalla vicinanza al precedente segretario Luigi Longo ma ciò non bastò. In seguito lo stesso Berlinguer gli affiderà, congiuntamente ad Achille Occhetto, la stesura del programma di medio termine del PCI. Tuttavia una delle critiche che maggiormente gli si muoverà sarà quella di aprirsi eccessivamente al dialogo col “nemico” Craxi e con il suo PSI.

La prima elezione al Quirinale

Il 20 maggio del 2006, alla quarta votazione e con un esito di 543 voti su 990, Giorgio Napolitano diventa il primo ex comunista Presidente della Repubblica. Succede a Carlo Azeglio Ciampi e diviene l’undicesimo Capo di Stato della storia della Repubblica Italiana. Durante il suo primo mandato vede susseguirsi i governi Prodi, Berlusconi e Monti affrontando poi le diverse turbolenze che nel tempo si sono susseguite a Palazzo Chigi. Nel 2011 si è trovato a dover gestire la grave crisi politica-economica che aveva investito il Paese e l’esecutivo di Silvio Berlusconi, che di lì a poco si sarebbe dimesso. Napolitano chiamò quindi il già citato Monti nel tentativo di evitare un tracollo finanziario.

Quando al governo c’era il Cavaliere la figura di Napolitano giocò un ruolo cruciale su molti fronti, soprattutto dal punto di vista dei rapporti internazionali. Nel 2010 la sua visita a Washington fu assai centrale nel rapporto tra il nostro Paese e gli USA. Obama mostrava le proprie perplessità circa le posizioni dell’esecutivo italiano in Europa e di conseguenza rispetto “all’Alleanza” ma l’intervento dell’allora Presidente della Repubblica fu capace di rassicurare l’America e molti altri alleati a Bruxelles. Il rapporto con gli Stati Uniti fu sempre assai cordiale e lo dimostra il fatto che Napolitano fu il primo leader del PCI a ricevere nel 1978 il visto di entrata nel paese.

La rielezione

Napolitano è stato anche il primo Presidente della Repubblica ad essere rieletto. Nonostante si sia giunti alla scadenza del mandato iniziato nel 2006, lo scenario politico estremamente frammentato del 2013 “costringe” il Presidente uscente ad una rielezione. Nei giorni precedenti alle votazioni Napolitano dichiara la propria indisponibilità ad una rielezione che sarebbe stata una novità nella storia del nostro Paese. Si susseguono V scrutini senza raggiungere nessun risultato. La mattina del 20 aprile quindi, una serie di delegazioni di più partiti incontrano separatamente Napolitano esprimendo il desiderio di una sua ricandidatura. L’obiettivo era quello di arrivare ad una manifestazione di unità nazionale e di coesione che fino ad allora le forze politiche si erano mostrati incapaci di dare. Napolitano accetta e al VI scrutinio viene rieletto con 738 voti su 997 disponibili, dal fronte unico venutosi a creare si distaccano solo il Movimento 5 Stelle, il SEL e Fratelli d’Italia.

Durante il suo secondo mandato ha accompagnato prima il governo Letta e poi quello di Matteo Renzi, sarà poi quest’ultimo a prendere atto delle sue dimissioni avvenute nel gennaio del 2015. I motivi che portarono a tale decisione furono molteplici, alcune prettamente anagrafiche altre del tutto politiche. Ma non solo. Secondo molti un grande contributo, almeno nei tempi dello stesso passo indietro di Napolitano, fu dato dalla vicenda giudiziaria di Palermo nell’ambito del cd. processo “Trattativa”, durante il quale fu interrogato dal Pubblico Ministero senza poi avere comunque alcun coinvolgimento di fatto.

La propensione europeista

Nei suoi ideali c’era quello di un’Europa forte e unita. Da Bruxelles la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ricorda Napolitano come “un imponente statista con un forte cuore europeo”. Quando la Brexit scosse lo scenario europeo suggerì una maggiore coesione dei Paesi fondatori, invocando coraggio e unione d’intenti. Sulla tematica migranti già tempo fa aveva invocato un cambio di passo, a testimonianza comunque di inseguire un progetto europeo capace di risolvere le difficoltà del tempo mettendosi in discussione. I richiami ai valori della Carta Europea sono stati quasi sempre presenti nei suoi discorsi e nei suoi interventi, riuscendo così a dimostrare la fiducia e l’attaccamento di chi ha sempre confidato nell’Europa e nella sua crescita ma soprattutto nei suoi principi.

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