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La partenogenesi

Figli senza padre? La riproduzione che elimina la partecipazione maschile

Sembrerebbe una diavoleria, l’ennesima trovata ultra-femminista per provare la supremazia biologica del sesso femminile. Per molti altri ancora, invece, un’aberrante sperimentazione, al limite della morale, una profanazione dell’ordine naturale delle cose.

La partenogenesi, letteralmente riproduzione virginale, checché se ne dica è, però, una dinamica all-natural, presente sulla Terra da milioni di anni.

Si tratta di una modalità di riproduzione a metà strada fra la sessuata e la asessuata, che consentirebbe ad alcune specie di piante e di animali di riprodursi senza un’effettiva fecondazione.

È il caso di Leonie, uno squalo zebra del Reef HQ Aquarium di Townsville, in Australia, le cui uova, nel 2016, si sono schiuse dando alla luce due cuccioli vivi e vegeti. Dai test genetici effettuati sugli squaletti, Cleo e CC, risulta la sua assoluta genitorialità.

Cleo e CC, squali zebra nati tramite partenogenesi

La partenogenesi, perlopiù diffusa fra gli invertebrati, è stata riscontrata anche in pesci, anfibi e rettili, e indotta in laboratorio in specie che, di norma, non la contemplano, inclusi i mammiferi.

Tramite la manipolazione di cellule femminili in vitro, un gruppo di ricercatori coreani e giapponesi è riuscito nel miracolo. È nata Kaguya, il primo mammifero – un topo – senza papà.

Le potenzialità della partenogenesi

La scoperta ha destato vari interrogativi circa le potenzialità che un tale meccanismo potrebbe rappresentare. Un passo avanti nel campo della fecondazione assistita? Un contributo positivo per gli esiti della clonazione?

Siamo assai lontani da una sua qualsiasi applicazione sulla specie umana, eppure con i tempi rapidi in cui la scienza sembra evolversi e progredire, non è difficile credere che non manchi molto per averne notizia.

Se ne parlava già nei primi anni 2000, quando un’equipe di scienziati britannici scoprì nel midollo osseo un primo stadio di cellule germinali maschili, che avrebbero permesso di creare cellule spermatiche femminili e, quindi, ovviare la presenza dell’uomo nell’atto riproduttivo.

Tali innovazioni parerebbero tutte condurci verso un preciso scenario: l’obsolescenza maschile.

È da questa conclusione che si sviluppa il serrato scontro ideologico fra scienza ed etica. La prima aperta ai suoi futuri risvolti, la seconda irremovibile nel preservare la regolarità e impedire uno snaturamento.

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