Meteore: Nicola Leali, quando il paragone pesa
La traiettoria del supposto “erede di Buffon”, da giovane promessa a gregario nella norma. Gli esordi, la Juve, i prestiti, le retrocessioni e la ‘rinascita’ genoana👇

Le luci della ribalta, l’euforia, il senso di vertigine nel vedersi proiettati sulla cima più alta. Tra la voglia di volare e la paura di cadere in modo rovinoso, il filo a volte può farsi molto sottile, specialmente quando hai meno di vent’anni e il tuo nome viene accostato a quello di un’autentica leggenda del calcio mondiale, quasi ad indicare un percorso a tappe forzate. Perché alle volte il fardello di un’aspettativa così grande finisce inevitabilmente per schiacciarti sotto il suo peso.
La storia di Nicola Leali inizia proprio così, con questi presupposti. Un talento precoce, divisa e guantoni a protezione dei pali, con l’ambizione di ritagliarsi uno spazio importante. Nel settore giovanile del Brescia lui si fa tutta la trafila, dai pulcini al professionismo, fino al coronamento del primo grande sogno: il debutto in Serie A, a diciott’anni, in un Cesena–Brescia del 15 Maggio 2011.
Risale a quel periodo l’origine del maggiore dei problemi ad aver attanagliato la carriera del ragazzo originario di Castiglione delle Stiviere(MN), il problema del confronto. E no, non con gli avversari, bensì con l’idea che dall’esterno altri si erano fatti di lui. L’idea che un talento del genere dovesse dimostrare in ogni momento di valere quel roseo orizzonte di là da venire che in molti prefiguravano. Perché quando il giovane Nicola muoveva i primi passi da calciatore delle “rondinelle”, balzando felinamente da un palo all’altro, l’etichetta cucitagli addosso è stata quella di “nuovo Buffon”.
Una benedizione, all’apparenza, ma che, lungi dal fomentarne la carica, lo ha costretto a fare i conti con un paragone frettolosamente ingeneroso verso la sua crescita, troppo grande per essere sostenuto senza contraccolpi. Un paragone nocivo. Ogni presa enfatizzata, ogni errore ingigantito, ogni gesto passa sotto la lente di ingrandimento (che deforma percezioni e giudizi) e quella promessa talentuosa anziché venire attesa finisce ben presto per essere fagocitata.
« Nicola Leali? Sarà il nuovo Buffon della Juventus. Loro hanno già il numero 1 al mondo, ma hanno acquistato comunque il più forte giovane portiere italiano per il futuro che attualmente c’è in circolazione.»
A parlare è Luigi Corioni (all’epoca patron del Brescia). Parole forti, le sue, spese in favore di un ragazzo con alle spalle un solo anno di cadetteria. E qualcuno inizia pure a crederci quando, nell’estate del 2012, si concretizza il passaggio del giovane portiere in maglia bianconera. Mentre il presente vede il numero 1 ereditare la fascia da capitano lasciata da Alex Del Piero, il futuro della porta juventina si trova già in casa. Quel “piccolo Gigi” adesso seduto all’ombra dell’idolo, con il sogno, ma forse potremmo dire l’ambizione, di esserci lui in campo con addosso quella maglia, in un giorno neanche troppo lontano. Solo questione di tempo, qualcuno pensa. Ma non andrà affatto così.

Fin dal principio, neppure la ‘Vecchia Signora’ dimostra di credere fino in fondo a quella promessa. Per Leali inizia così una girandola di prestiti. “Per farsi le ossa” si dice nel più classico gergo calcistico, per tornare più forte, consapevole, e in grado di dire la sua. Ma di lì in avanti lui alla base ci tornerà solo il tempo necessario per venire, di volta in volta, spedito altrove. Positiva la prima esperienza a Lanciano, in Serie B, dove al termine dell’annata 2012/13 viene nominato miglior portiere del campionato cadetto. Segue un altro prestito, allo Spezia(sempre in B), club con cui disputa un’ottima stagione, pur non confermandosi ai livelli della precedente.
La prima grossa chance da titolare in Serie A gli arriva da una squadra bianconera, ma non è quella di Torino cui è ancora legato per contratto, bensì il neopromosso Cesena. Leali difende la porta dei romagnoli per l’intero campionato 2014/15, che si conclude con la retrocessione in B. Stesso epilogo un anno più tardi, con la maglia del Frosinone. Nel suo girovagare in lungo e in largo da personaggio in cerca di autore c’è anche un po’ di estero: la Juve lo manda prima in Grecia(Olympiakos), poi in Belgio(Zulte Waregem).
Dopo due anni, nel bagaglio di Leali si trova l’esperienza di aver vinto un campionato e di aver assaporato per la prima volta l’Europa, quella meno importante, vero, ma pur sempre Europa. La speranza di mettere le ali a quel sogno di bambino (essere davvero lui ad ereditare la numero uno di Buffon) tuttavia risulta oramai ridotta al lumicino.
Nell’estate del 2018, dopo sei anni trascorsi da calciatore bianconero, viene risolto il suo legame contrattuale con la Juventus, senza aver mai avuto l’opportunità di esordire. Addio definitivo ai sogni di gloria, dunque. Ma il percorso non finisce qui.

Sbiadita quell’ingombrante etichetta appiccicatagli in fronte troppo presto, l’ormai ex enfant prodige mantovano si sente forse sgravato dal peso delle aspettative che troppo a lungo lo ha schiacciato nel corso della carriera, e si trova quindi più libero di esprimere le proprie(ottime) qualità. Difatti riesce ad esprimerle: bene il primo anno a Perugia, bene anche a Foggia, dove però è ancora l’ironia della sorte a giocare un ruolo preponderante, facendogli patire un’altra retrocessione sul campo, stavolta dalla B alla C (causa penalizzazione inflitta ai pugliesi).
Ad Ascoli veste di nuovo il bianconero e lo fa per quattro anni, fino all’estate del 2023 quando viene ufficializzato il suo approdo al Genoa. Il 22 ottobre dello stesso anno, nei minuti finali di un concitato Genoa-Milan(0-1), Leali torna a giocare una partita di Serie A a distanza di sette anni dall’ultima volta. La perseveranza è una dote che non è mai mancata. Sarà forse questo il motivo per cui la Dea del pallone ha deciso di restituirgli almeno in parte delle congiunture favorevoli: l’infortunio di Gollini, il titolare designato dei grifoni, gli spalanca la porta rossoblù. Lui la occupa, e grazie a delle prestazioni in crescendo non la molla più. Al termine della Serie A 24/25 sono i numeri a certificare quanto bene abbia fatto: otto clean sheet in 29 presenze, i migliori in massima serie: rivitalizzato.
Alla fine non sarà stato l’erede di Buffon, ma chissà se quest’anno, vedendolo difendere con fierezza i pali del grifone, qualcuno avrà pensato che in fondo c’era qualche motivo se da giovane veniva chiamato il “piccolo Gigi”.