Il K-Pop accende fuochi d’artificio, ma qualcuno da lontano sente anche odore di fumo…
L’estate 2025 porta grandi comeback nel K-pop, ma anche segnali di burnout: ENHYPEN al centro di dubbi e desideri. Cosa accadrà nel 2027?

Sono settimane particolari per i fan del K-pop, che ultimamente si sta manifestando in tutta la sua potenza. Palchi affollati, teaser virali, ritorni attesissimi e anche imminenti partenze per il militare. I Seventeen illuminano la scena con la loro festa caleidoscopica, le ITZY si riaffermano con la solita energia tagliente, gli Ateez cavalcano la mitologia sonora.
Eppure, in mezzo a tanto fragore, c’è qualcosa che sembra cominciare a stonare. Un’incrinatura si percepisce tra le pieghe, e non passa inosservata. Parliamo degli Enhypen i quali, pur pienamente attivi tra uscite discografiche e social, mostrano segnali che vanno oltre l’apparenza. Non è quindi un’assenza a parlare, ma una fatica che si fa corpo. Uno sguardo sfuggente, un sorriso più debole. Un tono malinconico che i fan, con i loro occhi allenati all’empatia, hanno imparato a riconoscere.
No, gli Enhypen non sono spariti. Anzi. Continuano a performare, pubblicare, costruire. Ma nel reticolo fitto della comunicazione idol-fan K-Pop, dove ogni parola conta, c’è qualcosa che filtra e resta. In particolare, Ni-ki, maknae del gruppo, ha spesso manifestato il desiderio di voler tornare in Giappone. Una frase detta a mezza voce, un desiderio di assoluta normalità che, in quel contesto, ha il sapore del tabù. Non si tratta di un lamento, ma di una nostalgia, quella di chi ha corso troppo presto e troppo velocemente per tanto tempo.
Il contratto sta per scadere e i fan non hanno bisogno di conferme ufficiali per mettere in circolo voci verosimilmente false. C’è chi parla di un eventuale scioglimento del gruppo a breve, c’è chi invece resta ottimista e spera in un rinnovo. Egoisticamente, certo, perché tutti i membri degli Enhypen hanno in qualche modo mostrato segni di cedimento.
I ragazzi hanno sempre costruito la loro identità sull’ambiguità. Dal debutto, il gruppo ha navigato fra il mito e il trauma: vampiri, metamorfosi, oscurità. Una narrativa gotica e lirica che si è evoluta negli anni, senza mai perdersi, ma anzi confermandosi. Anche Desire: Unleash prosegue su questa linea: non è solo un album di ritorno, è una confessione mascherata. Così la domanda si insinua: gli Enhypen stanno mettendo in scena una trama fittizia o stanno scrivendo la cronaca di una resa?
Forse ciò che inquieta è proprio questa onestà involontaria. L’idea che dietro il palco, sotto gli abiti scintillanti, ci siano ragazzi che cominciano a sognare altro. Non è il disband a spaventare. È la perdita di desiderio. Il pensiero che la macchina del sogno stia chiedendo troppo, ancora una volta.
Il ritorno dei giganti

Nell’attesa che il ritorno dei BTS avvenga anche musicalmente, il grande motore non si arresta. Seventeen celebrano una decade con Happy Burstday, un disco che non è solo festa ma anche autocoscienza. Hanno superato il traguardo simbolico e lo fanno con eleganza: non più solo idol, ma narratori della propria storia.
Le ITZY, dopo momenti incerti, tornano più compatte, più affilate. Le coreografie sembrano armi, i testi rivendicazioni. ATEEZ continua la propria saga mitologica, a metà tra fumetto epico e serie Netflix. Kang Daniel sperimenta il registro intimo, mentre Doyoung sfoggia la maturità di un cantautore in pieno controllo.
Ogni ritorno è un manifesto, quasi gli artisti volessero sottolineare il loro ritorno ma mai la loro banalità. Un ritorno che non ha niente a che vedere con l’ultima volta che li abbiamo visti sui nostri schermi. Nel K-pop, dove la caducità è regola, la persistenza è già una rivoluzione. Ma farlo con coerenza, con profondità, è qualcosa che supera le logiche di mercato. È identità che evolve, maturità che prende forma.
Nuove leve nel K‑Pop 2025: sperimentazioni e ansie
Contemporaneamente, il sottobosco pullula. Tra scommesse e visioni, nascono gruppi che guardano oltre i confini geografici e concettuali. HYBE ha presentato un anno fa le Katseye, il progetto che unisce talento globale e produzione K‑Pop, tentando una sintesi culturale che parla fluentemente TikTok e streaming.
Le ILLIT esplorano territori che uniscono bubblegum pop e glitch digitale. La musica si fa liquida, i generi si confondono. Hyperpop, R&B atmosferico, neo-soul evaporato: più che categorie, sensazioni. La nuova generazione, nel 2025, non vuole più ricalcare. È evidente, invece, che voglia riscrivere.
Ma in un’industria che brucia tutto in tempi record, riusciranno a reggere il ritmo? Potranno permettersi il lusso del dubbio, o saranno costretti all’efficienza perpetua?
Tra gloria e burn-out
Il K-pop ha conquistato il mondo. Ma cosa succede quando il mondo non basta più? Quando il palco smette di essere sogno e diventa dovere? Quando il successo pesa più del silenzio?
Gli ENHYPEN non stanno fuggendo. Non ancora. Ma con i loro sguardi e la loro musica ci suggeriscono che il tempo non si può ignorare. Che anche il desiderio ha bisogno di tregua. Che non c’è nulla di più umano che sentire di voler tornare a casa.
Forse l’estate 2025 verrà ricordata per i suoi grandi ritorni. Ma forse, in controluce, anche per aver sollevato la domanda più difficile: cosa vuol dire davvero restare, quando tutto intorno corre?